Ho assistito ad uno spettacolo teatrale, a scuola. Lo chiamano Teatro Sociale ma, a volte, le parole dicon davvero poco.
Lo spazio del palco era pieno, pieno di volti e di occhi, tenaci e sorpresi, lontani e divertiti, il teatro sociale ha rotto gli argini del nostro vivere il mondo ed è stato dirompente, energico, commovente. Non c’era parola o suono che non filtrasse attraverso quegli occhi così severi e giocosi, quei gesti senza manovra e senza respiro di normalità, non c’era respiro che non attraversasse i sogni di chi non può correre, parlare, agitare una mano per salutare.
Come un pesce capovolto ho visto il mondo in modo diverso, ho ascoltato i silenzi di sorrisi lontani e il ritmo di danze non danzate, ho raccolto la vitalità delle mani chiuse e la dolcezza delle frasi non dette, ho attravesato la paura di non farcela e la felicità di essere lì. Seduto in poltrona e con una macchina fotografica con me ho perso la misura del tempo mentre lo spazio è rimasto ancorato a quel palco investito da colori, suoni e tenerezze.
Ho assistito ad uno spettacolo teatrale del Teatro Sociale scolastico, ho scattato qualche fotografia e ho rimescolato i miei pensieri. Mi rendo conto, adesso, che ho assistito alla bellezza.
Un’infinita bellezza.
[1 giu 2016]