Smarrimenti

Se osservo il tuo volto comprendo che non rimane molto da fare, qualche passo più in là, forse, e poco più. E’ tutto scritto con parole chiare, addolcite da quello sguardo ora assente ora distratto, una coperta che non finisce più, punto dopo punto, ferro dopo ferro, appiglio dopo appiglio. Seduto da qualche parte e senza volti accanto lascio scivolare le buone intenzioni che colano via, le seguo nel vortice che le inghiotte, in senso orario che siamo nell’emisfero delle aurore boreali, dei sogni verdi e delle foreste di betulle bianche, le seguo e sento il mio corpo scivolare via, vortice di segni incomprensibili, di rumori soppressi, non come le parole dolci dei tuoi occhi, le parole buone delle tue mani che intrecciano i fili di lana, due punti diritto e due punti rovescio.
Ho smarrito qualche ricordo da qualche parte ormai distante da qui, lontano da questo adesso che mi incontra come un cane randagio impaurito, l’ho smarrito durante una sera distratta, serata di attese e di pensieri aspri, lacerati dall’idea di non vederti più, di scorgere la nuca, la schiena, il passo indeciso che va via, stracciati dalla sensazione di vuoto privo di musica e di mani. Ho smarrito tante altre cose, chiavi, sogni, documenti, rabbie e regni, ho smarrito qualche nome e un maglione blu, da ragazzo, mentre correvo senza pensieri di me. Ma conservo un piccolo foglio stracciato, un angolo a quadretti con un tratto di matita, buono per essere cancellato eppure persistente, inciso nell’universo che mi segue e mi trattiene. Parole semplici come semplici erano quegli occhi attorcigliati alle funi sottili che usavo per conoscerti. “Con affetto …”, nulla più.
Se osservo i miei volti comprendo che il fatto è fatto e poco più rimane ancora da fare. Qualche pietanza nuova, un bicchiere di vino che sorprende, i colloqui con i genitori dei miei alunni, una foto nascosta tra i pensieri in bianco e nero, un piccolo giro con la macchina. Poi si rimane a guardare il vortice orario che s’imbuca in quel futuro che s’abbrevia mentre si assaggia un nuovo agrume, il coltello in mano e la coperta a cui appigliarsi che cresce ferro dopo ferro, punto dopo punto, affetto dopo affetto.

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