Tu sei felice?

Il suo nome è Assunto Diosacome, docente di matematica in un liceo, e vive in formato on.lain. Si muove nella vastità del web con una bicicletta rossa che tiene sempre lucida e porta spesso con sé un lettore mp3 con due cuffie nere. Ama la musica perché lo fa star bene. Insegnare matematica è l’attività che lo tiene in vita, per farlo si collega alla realtà con un clic. Il suo account è assunto.diosacome. Password: *********. 

Vagare per il web lo rilassa. Ha imparato in fretta a orientarsi per i canali affollati della rete e riesce a districarsi agevolmente nella ragnatela fitta di nodi e di server. Pedala senza fretta e si aiuta con i download, sempre più frequenti, anche se recentemente la furia dei ragazzini li rende agitati e pericolosi. Ha scelto di vivere in formato on.lain dopo l’anno di prova che ha affrontato a seguito della sua immissione in ruolo.

La sua vita è nel web, insegue albe che non hanno termine e dorme negli anfratti dimenticati della rete, siti desueti o forum abbandonati. Ha deciso così, di tanto in tanto usa il login per entrare in quello che noi chiamiamo reale e che per lui è virtuale: le strade, i campi, il mare, i clacson insistenti, i muri di cemento, le bottiglie di plastica. Chi lo vede non pensa che è solo un essere loggato, una parvenza umana che assume consistenza solo nel web. Il nostro logout è il suo login, la sua vita, il suo modo d’essere.

Al mattino, dopo il login, va a scuola ed insegna. Compila il registro elettronico e usa i libri di testo, aziona la LIM e parla ai ragazzi. Lo fa in formato on.lain, usa le loro parole, usa le sue, si capiscono. Per loro non fa differenza, sono molto curiosi ma mai invadenti. Ridono allo stesso modo. Con un logout rientra nel web.

Anche oggi l’aula docenti è affollata, Assunto sta riempiendo il modulo per la richiesta di alcuni testi per uso didattico e i tratti grafici che lascia sul foglio, imperfetti quasi da sembrare acerbi, mal si adattano alla compostezza del suo agire. 

“Ma come fai a vivere così?”.

 La voce asciutta proviene dall’altro lato del tavolo ancora colmo di fogli abbandonati e cataloghi di libri scolastici. E’ la voce di Laura, la giovane collega di lettere che quest’anno insegna Geostoria nella stessa seconda di Assunto. C’è la pausa della ricreazione e Laura lo sta osservando già da un paio di minuti mentre sfoglia svogliata un catalogo di cartine storiche. I gesti calmi e silenziosi di Assunto contrastano con l’andirivieni di frasi e di volti attorno alla sua persona e il modo di utilizzare la penna, rigorosamente nera, cela malamente il fastidio di non poter utilizzare una tastiera. Solo alla fine, finalmente, la firma svolazza felice ed esausta a completare quella fatica. 

“Così come?”, fa Assunto, per nulla disturbato da quella domanda impertinente.

Laura è arrivata all’inizio di quest’anno e completa lì con sei ore settimanali la sua cattedra spezzata su due scuole distanti, a dire il vero, solo pochi metri. Le due scuole, infatti, sono poste l’una di fronte all’altra e spesso accade che gli alunni di una classe si affaccino dall’ampia finestra della propria aula per salutarla mentre sta svolgendo la sua lezione dall’altro lato della strada. Laura è molto amata dai suoi alunni per i suoi modi dolci e rassicuranti e, seppur esigente, non lascia mai aloni di incertezza nelle sue valutazioni. 

“Come sei tu, come dici di essere … on.lain”, puntualizza Laura con il sorriso confortante dello sguardo che spesso l’accompagna.

 Assunto sostiene che non tutti hanno la capacità di chiedere le cose. “Guardate Angelo, ad esempio, incapace di saper chiedere, si arena dietro alla domanda più banale, come se dovesse discolparsi di qualcosa … “, Laura, al contrario, è incapace di formulare domande incongrue e complesse. Assunto ritiene che Laura sia capace di ottenere le risposte senza formulare le domande, dono di pochi.

“Non devi credere che io viva diversamente da te, respiro e dormo, sogno e amo, insegno e vivo, solo lo faccio da quell’altra parte, a volte mi diverte, altre mi disturba. E qui sono come sarebbe un tuo avatar di là”.

Assunto misura le parole quando parla di sé e misura anche gli sguardi quando parla con Laura. Non è semplice parlare di sé, delineare un profilo che già dopo un po’ sarà differente, il fatto stesso di parlarne rende questo “sé” differente da prima. È già arduo rendere netti i contorni di un’esistenza indefinibile qual è quella di un qualsiasi essere umano, ma parlare di sé da avatar, da immagine virtuale e descrivere il “sé reale” da una dimensione differente è talmente complicato che Assunto cerca di stabilire con lo sguardo i ponti necessari per la comprensione. 

“Si, questo l’ho capito, ma adesso, qui, con tutti noi, come ci si sente?”

Laura è graziosa, i capelli corti e neri “alla francese” e i lineamenti minuti dominati da un paio di occhi scuri e curiosi, sempre rivolti all’esterno, verso i colori, verso il mondo. Oggi indossa una maglietta bordeaux che esalta la nuca alta e sensuale, luogo di riposo per gli occhi di Assunto.

“Devo solo stare attento a non dimenticare dove ho lasciato la bicicletta!”, scherza Assunto, “l’altra volta ho dovuto attraversare tutto il sito di una grossa azienda prima di ritrovarla …”.

Laura sorride mentre si inumidisce il dito per sfogliare il catalogo. Ma non lo capisce. Non comprende quale necessità abbia spinto Assunto a “voltare pagina”, a immergersi in un realtà che reale non è, a inventarsi una vita incastrata nella rete digitale, a vivere come un automa, ad annullare i sentimenti. Eppure Assunto emana sicurezza e tranquillità, non lo vedi mai nervoso o indisponente, ha sempre un gesto comprensivo a portata di mano, sembra essere felice. 

“Ma tu sei felice?”.

Laura lo fissa e per un istante tutto si blocca. Il tempo, il respiro, le frasi che si rincorrono nell’aula dei docenti. Laura è una statua, è il gesto che imprigiona il mondo, il tempo, il gesto che non da scampo, è la freccia scagliata e immobile che è partita ma non arriva, Laura è il teorema di Pitagora immutato ed eterno, il segno che decide. Io sono felice? Che importanza può avere stabilire se la felicità mi accompagna o mi aspetta, ch’io sia felice è un riflesso interiore e non una circostanza esterna. Laura lo sa, sa che dietro quegli occhi stretti c’è uno spazio così ampio che a scostarli ci si perderebbe, so che la mia vita qui, adesso potrebbe avere meno senso di quella di Assunto, libero di scegliere e di aver scelto. Ogni giorno cerco di condire con la curiosità la mia esistenza ma spesso non basta, non mi basta per essere felice, per questo chiedo a lui se lo sia, io non mi sento felice, c’è qualcosa che manca e c’è un superfluo che non mi lascia. Assunto, collega formato on.lain, amico inconsapevole e prezioso, tu sei felice? 

“E tu?”, ribatte Assunto mentre il suono della campana segna la fine della ricreazione. 

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