Perso

Così ci si perde, non proprio all’improvviso ma quasi, una curva improvvisa dopo una lieve discesa e sei lì.

Perso.

Tornare o andare avanti non ha più senso, si cerca un appoggio per legarsi al tempo, nodi forti per non mollare l’unica cosa che scorre via nella direzione di ieri e di sempre. Un divano una sedia un gradino una panchina, tutto può servire per chiudere gli occhi. Forse un po’ di musica può accarezzare il segreto che custodisci. Ti sei perso. E le parole che hai costruito, i pensieri che hai imbrattato, cosa farne, dove gettarli?

Non proprio all’improvviso, no, ma la curva era prevedibile. Era già negli occhi di lei, occhi piccoli e miopi e senza rimprovero, era tutto lì, in quel gesto che non avresti ricordato ma che indicava una curva, la curva. Chi si perde poi cede alla memoria e rovista e disordina le notti e i giorni, seduto sotto l’ombra di se stesso come ha imparato da piccolo, nuota lentamente come se stesse muovendo l’acqua, la vita che si è fermata. Così ci si perde, senza un vero motivo e senza una rabbia, non proprio all’improvviso. Le cuffie proteggono dai silenzi e al di là della musica tutto è uguale, ogni direzione presa conduce dove sei già arrivato e si controlla l’orologio del campanile per capire che si è vivi. Gli occhi di lei, teneri e insicuri, hanno già tolto gli appoggi e il cammino traballa, perdendosi.

Perdersi è facile, non proprio semplice ma non avviene per caso. C’è l’amara sequenza di una esistenza che muta e graffia, gli odori che cambiano e i tramonti che si susseguono. E poi la discesa non era male, leggera da poter osservare il colore dei muri e sorridente come l’aria che modelli con la mano. Se non fosse stato per quella curva, la curva nei suoi occhi teneri e miopi.

[26 giu 2014]

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